Mix Cinema

L'INTERPRETAZIONE DI UN SOGNO, IL CINEMA

Fabrizio Musa

Di Emanuela Orsini e Roberta Perucci

Il cinema per ognuno di noi rappresenta l'evasione dalla routine, la possibilità di vivere anche fra le mura domestiche intense emozioni, avventure che nel nostro quotidiano non potremmo mai provare, una costante illusione che può condizionare facilmente i nostri stati d'animo, regalarci stili di vita, modelli ai quali ispirarci, il tutto ci conduce a estemporanee fughe dalla realtà.
Una forma d'arte che il giovane artista comasco Fabrizio Musa utilizza a sua volta per esprimere la sua arte, un procedimento per step dalla raccolta d'immagini tratte da scene di film diretti da registi del calibro di Stanley Kubrick, Quentin Tarantino con Le iene, Martin Scorsese direttore di Taxi driver, a maestri della pellicola italiana come Mario Monicelli in Amici miei, o Bernardo Bertolucci in Ultimo tango a Parigi, o semplicemente primi piani di attori spaziando da Clark Gable, Al Pacino, Pierce Brosnan e la più italiana delle attrici come la definiva Fellini, ovvero Anna Magnani.
La stessa scelta del genere cinematografico non è casuale ma orientata verso film di intenso impatto emotivo, dove regna in certi casi un'esasperata violenza, l'emarginazione e disagi sociali, morali, dai quali si evince la massima intenzione di rappresentare la sfera sociale filtrandola attraverso l'ottica di registi e trasportandola sulla tela con una propria visione artistica, nel linguaggio di Musa.
Non ci facciamo trarre in inganno dalla visione delle sue opere, non è una dimensione spartana del mondo cinematografico ma un omaggio a dei capolavori, film cult che hanno segnato più di una generazione, dagli anni 70 fino ai 90, come un percorso di crescita individuale, cinema come dimensione parallela appunto alla propria vita.Non viene raccontata la scena, ma è la condivisione dell'emozione che urge dalla tela, come una primaria esigenza, l'osservatore diventa a sua volta personaggio perché chiamato a vivere quella determinata scena in quel contesto dove la tensione, la suspense, la drammaticità delle esistenze si disegnano sui volti dei protagonisti, o emerge dalla postura o dai tagli compositivi.
Il minimalismo espressivo, dettato da una sintesi della raffigurazione dello stesso autore si sposa con un binomio cromatico vincente che mantiene la costante del nero accompagnato dal bianco e a volte da un giallo oppure da un rosso violento che campeggia sulla tela, impropriamente parliamo di assenza dei colori, perché si tratta di un lavoro che prende consistenza per passaggi, come nella costruzione di un edificio, l'input dalla stesura di un azzurro per poi procedere alle successive stratificazioni di bianco e nero e per ottenere un risultato basato sulla percezione di toni nascosti, una tendenza che riscontriamo anche nei progetti architettonici.Il fruitore viene coinvolto inconsciamente nel percepire non solo i colori ma anche le emozioni dei soggetti raffigurati, il vissuto “recitato” dallo stesso attore colto in un frame cinematografico, paradossalmente Musa interpreta “l'interpretazione” di persone non comuni, perché considerati star o dive del cinema . Infatti e non a caso si parla di intenzione di avvicinare storie del grande schermo alla nostra vita quotidiana, dove il superfluo viene ridotto al massimo, per dare respiro all'essenza del vivere. A tal proposito trova consona collocazione una citazione di Warhol che diceva: “in futuro ognuno avrebbe avuto e si sarebbe accontentato di quindici minuti di notorietà” , oltre a un tangibile richiamo alla Pop Art determinato anche dallo stesso utilizzo di colori non naturalistici per emarginare l'aspetto veristico della raffigurazione, riscontriamo più di un messaggio intrinseco.Notorietà e potere anche nell'arte prendono le sembianze di attori del cinema, dove si ha la sensazione che nel voler organizzare una scena sulla tela l'artista Musa tenda a voler distrarre l'osservatore dalla crudezza, dai momenti di violenza, o semplicemente da episodi di ruvido realismo, o addolcire la pillola del mal di vivere in una società sempre più in crisi, tutto nasce da un'illusione visiva che ci coinvolge al di fuori della nostra vita, per entrare a far parte di un copione già scritto. Attori e spettatori assorbiti in un dialogo sospeso tra sogno e realtà, dove l'artista non gioca solo il ruolo del mediatore, ma al tempo stesso è capace di rivoluzionare pittoricamente una creazione già imbastita da altri, per racchiudere in uno sguardo, in un gesto, in una struttura compositiva il senso del film e del suo imminente evolversi. Fabrizio Musa indaga due settori in cui vive l'essere umano: il cinema e l'organizzazione dello spazio, ovvero l'architettura in un'ottica diversa, innovativa e immediata, si rende ai nostri occhi un autore cosmopolita, in questa sua continua mission di esplorazione e progettazione di spazi da adibire, appunto a un'esistenza umana. Lo spazio, la luce e il colore che tanto erano determinanti nel film di Kubrick in Shining assumono un ruolo predominante anche nel modus operandi di Musa, pensiamo a un set cinematografico dove il fotografo dirige le luci sui volti degli attori, ottenendo così un massimo effetto plastico e drammatico, l'artista lo proietta nelle sue tele non contemplando volutamente la tridimensionalità nel suo dipingere ma portando a emergere abilmente una gradevole allure . Sembra che i valori dal massimo scuro al punto più luminoso sono meglio leggibili in un'immagine in bianco e nero, trovi sostanzialmente conferma come regola nella sua ricerca, approdando a nuove sperimentazioni e a una frammentazione del tempo narrativo. L'uso della linea, il contorno delle figure, sono alla mercé dell'artista che ne fa sapiente uso in un linguaggio delle forme, dove proprio la linea e il ritmo catturano la nostra attenzione, il risultato è una struttura espressiva ben calibrata, intuibile e soggettivamente decifrabile . L'effetto del movimento invece è determinato dalla sollecitazione provocata da forme interrotte, ondulate, frammentate, le stesse ombre misurate dall'artista all'interno delle opere, conducono a una ricerca di vibrazione visiva e a una maggiore ponderazione compositiva . L'intenzione del progetto non si basa su una illustrazione storica o descrittiva delle diversità di linguaggio cinematografico riportato nell'arte contemporanea, ma vuole condurre l'osservatore in una indagine personale sull'interpretazione di film, così una visualizzazione del ricordo di una scena, porta a un'immediata riconducibilità al titolo del medesimo e a un momento di vita legato a quella scena. Contrariamente al titolo, la mostra non si concentra su come nasce il cinema, o di come storicamente assume un posto artistico, ma non a caso e con un forte impatto, argomenta una narrazione con opere di volti famosi e frame, senza un principio, una fine, ma solo un lavoro di un artista che ama rapportarsi con l'esterno in un gioco di scoperte e sperimentazioni. Se un film prende spunto da riflessioni inerenti storie di persone ed organizzare spazi trova una facile similitudine con la pianificazione dei propri obiettivi professionali o esistenziali, Fabrizio Musa è un ricercatore puro di contesti sociali in bilico fra sogno e realtà, fra l'illusione offerta dal cinema e la struttura architettonica che argina le nostre esistenze in habitat, circoscritti a scenografie, attimi dove solo l'immaginazione è una via di fuga o una dimensione parallela al nostro quotidiano.

FABRIZIO MUSA E IL CINEMA

Sergio Gaddi Assessore alla cultura – Comune di Como

La potenza estetica di Kubrick concentrata nello sguardo trasfigurato del soldato palla di lardo in Full Metal Jacket, l’integrità virile di Leonida alle Termopili in 300, sublimamente affiancato dalla moglie, esempio perfetto e titanico di irraggiungibile compagna che chiunque vorrebbe avere al fianco almeno un giorno nella vita, la travolgente ironia di Amici miei specchio di una superiore intelligenza dei personaggi: sono solo alcuni esempi di immagini che diventano emblema, entrano nel patrimonio culturale collettivo di conoscenze che certamente superano per notorietà e diffusione i singoli film che le hanno generate. Ed ecco quindi che queste e altre scene, prese da una serie di film entrati nella storia e fissate sulla tela da Fabrizio Musa, non sono la semplice o casuale riproduzione di fotogrammi estratti dalla pellicola, ma vivono come opere autonome il cui valore va molto al di là della pura rappresentazione, arrivando ad esprimere un’idea precisa e un’estetica puntuale dell’universo stesso del cinema. Sono momenti pittorici che entrano nella categoria senza tempo del mito, proprio perché riescono a distillare e concentrare nello spazio sintetico di una singola scena tutto il valore e la potenza non solo del film dal quale derivano, ma anche dell’intero universo di segni, simboli e valori ai quali il film stesso è agganciato. E ancora Rocky, le Iene, Tarantino, Clark Gable e Anna Magnani. La tecnica del bianco e nero, principale mezzo espressivo di Musa superata solo raramente dalle vigorose striature di rosso o di azzurro, esalta la tensione del quadro e l’analisi psicologica dei personaggi. L’approfondimento continuo e incessante di Musa sui linguaggi della contemporaneità, primo fra tutti il cinema, lo porta verso la produzione di opere che nell’istante dell’azione evocano le categorie dell’intuizione e della conoscenza, ribaltando meravigliosamente il rapporto di senso tra soggetto e mezzo. Non quadri “chiusi”, quindi, che limitano l’informazione al puro rimando cinematografico, ma tele “aperte” per testimoniare e trasmettere il senso e la potenza di un’epoca, di una storia, di una vita. In questo senso Fabrizio Musa riesce a creare un dialogo tra lo spazio sconfinato del sogno cinematografico e un universo di punti di riferimento che dà vita alla modernità. L’assessorato alla cultura del Comune di Como, nell’ambito dello sviluppo delle politiche culturali per la valorizzazione dei giovani artisti e sulla base del riconosciuto valore della cultura come motore dello sviluppo urbano, sostiene con convinzione questa mostra di Sarzana dedicata ad una delle personalità più interessanti della scena artistica contemporanea.