2019 Como _ Wall Paint Juvarra.TXT
JUVARRA allo specchio
Chiara Rostagno
Io e Fabrizio Musa abbiamo da anni (oramai più di 16) conversazioni sull’arte.
In particolare, durante questi dialoghi ho avuto in più circostanze il privilegio di “vederla nascere” e di seguire il percorso creativo di Fabrizio, nel suo farsi.
Conversare è un termine magnifico e, nell’arte come nell’architettura, definisce un momento euristico talvolta necessario, che attiene al suo stesso etimo: è l’atto di “trovarsi assieme” e di “conoscere”.
Quando il lavoro di Fabrizio dialoga profondamente con l’architettura e il paesaggio, ne parliamo a lungo. Nella sintesi del bianco e del nero e nella grammatica in apparenza binaria delle sue opere, si condensa una ricerca pervicace.
Nella visione urbana dell’opera murale in questo caso l’idea di ri-presentare, ovvero di incastonare le architetture in luoghi differenti (come avvenuto per le opere del razionalismo) cambia radicalmente.
Fabrizio mi parla di “Specchio”, infilandosi in uno dei temi più complessi dell’arte e della vita (nella difficile alchimia di rimandi tra l’immagine e il reale, tra la verità e la visione, tra il sogno e la consapevolezza di sé).
Il dipinto dialoga con l’originale e la sua prospettiva pone al centro l’osservatore, che dovrebbe - quasi d’istinto - girarsi per cercare la mole del Duomo. Ma non può, non può riuscirci a causa delle architetture che si frappongono. Per ritrovare Juvarra dovrà compiere un percorso, come sempre accade, per ottenere quello che si vuole.
Ma cosa dovrebbe cercare? Un’opera di Juvarra perduta e ricostruita, dopo il drammatico incendio? Cerca quindi un’opera perduta per sempre nella sua sostanza materiale!
E’ una metafora: è la metafora di una memoria perduta, da ritrovare solo nella mente.
E’ uno specchio, certo.
Juvarra.TXT è nata, grazie ad una committente illuminata e per ricordare con l’arte la memoria viva di persone che hanno lambito quei muri con la loro vita e i loro sogni di libertà. La scelta di un’opera di uno spazio urbano è una forma magnifica di partecipazione del ricordo attraverso la ricerca del bello nella città (in quegli interni urbani - come dice Ottolini - “fatti di luce e aria, in cui siamo dentro e che addirittura respiriamo”).
Per tutte queste idealità, c’è stata molta emozione quando il ponteggio è stato smontato e l’opera è entrata nello spazio della vita urbana: l’ho seguito a distanza - ma con trepidazione.
Tutto è avvenuto in un metafisico silenzio, come deve essere.
Parlerà al tempo, nel tempo.