SCANNER ART ©

L'avvento delle nuove tecnologie ha costretto molti artisti a ripensare i propri mezzi creativi. Accantonato il pennello, che resta comunque l'arnese di gran lunga piu' utilizzato, in molti sono andati alla ricerca dello strumento ottimale per le proprie esigenze espressive.

Fabrizio Musa, dopo anni di attivita' pittorica, ha scoperto le potenzialita' estetiche dello scanner. Sottoposta a un processo di lenta lettura fotografica, qual e' appunto la scannerizzazione, la realta' si trasforma in un oggetto a totale disposizione dell'artista, in una sorta di menu di opzioni iconiche, fra cui e' possibile scegliere con la massima liberta'.

Musa, da sempre residente a Como – predilige come soggetti delle sue opere frammenti di corpi (soprattutto il proprio) e oggetti della vita quotidiana. Posizionato sul vetro di uno scanner e mosso nell'istante della scansione, un orologio puo' sciogliersi, come succede nei quadri di Dali', puo' scomporsi in una serie variabile di profili, cosi' come un volto puo' acquisire uno spettro infinito di soluzioni fisionomiche.

La citazione del grande pittore surrealista non deve trarre in inganno: sebbene le opere appaiano talvolta il frutto di emanazioni inconsce, Musa e' un fedele continuatore della tradizione pop. Nelle sue immagini non mancano mai omaggi alla dimensione dei media, ai simboli della societa' della comunicazione e dello spettacolo. Il nume tutelare di quest'arte, Andy Warhol, sosteneva che le tecnologie avrebbero ampliato, e non cancellato, le potenzialita' espressive della pittura. Cio' e' avvenuto anche nel caso di Musa: l'attivita' pittorica, temporaneamente sospesa, si e' trasformata in una sorta di descrizione – a meta' tra iperrealismo e fantasioso stravolgimento – della realta', in attesa di essere integrata con lo strumento tecnologico.

I colori squillanti delle tele sono stati sostituiti dalle tinte brillanti degli oggetti scannerizzati, o dal bianconero gradualizzato dell'immagine computeristica. Lo sguardo pittorico ha acquisito una sorta di accanimento fotografico, scegliendo di soffermarsi sui particolari, sulle variabili infinitesimali dei peli del corpo, cosi' come sui tasti di una calcolatrice. Il risultato di questa scelta e' un'operazione che certo non sarebbe dispiaciuta a Warhol.

Roberto Borghi